Cerchiamo di comprendere le caratteristiche dei regimi fiscali e l'importanza di conoscerli prima di investire.


Quando parliamo di investimenti finanziari non possiamo dimenticare i trattamenti fiscali applicati dal nostro intermediario nella veste di sostituto d'imposta, o eventualmente gli obblighi che dobbiamo adempiere in sede di dichiarazione dei redditi: è un aspetto molto importante che non si può trascurare quando si tratta dei nostri risparmi.
L'investitore chiamato a gestire il proprio patrimonio, dovrà per prima cosa decidere se vuole amministrare le proprie disponibilità all'interno di una gestione patrimoniale, delegando le scelte d'investimento ad un gestore professionale (Sgr o Sim) o acquistare direttamente dalla propria posizione, che gli mette a disposizione l'intermediario, i vari strumenti finanziari, avendo anche contezza del diverso trattamento fiscale a cui ogni prodotto è soggetto.

Esistono tre tipologie di regimi fiscali, che sono alla base delle nostre scelte di gestione degli investimenti: amministrato, dichiarativo e gestito. Prima di vedere però le caratteristiche di queste diverse possibilità, affrontiamo il tema della tassazione.


La tassazione in Italia


La tassazione, applicata ai redditi diversi, ovvero le plusvalenze o minusvalenze generate da operazioni su azioni, obbligazioni o proventi da derivati e strutturati, prevede l'aliquota applicabile pari al 26% dei profitti derivanti dalla transazione.

La tassazione delle rendite finanziarie in Italia, sia generate da redditi diversi sia da capitale, ovvero dividendi azionari e cedole obbligazionarie principalmente, si calcola in base al D.L. n.66 del 24/4/2014 entrato in atto il 1 luglio 2014, che ha aumentato le aliquote dal 20% al 26% per tutti gli strumenti, tranne gli interessi derivanti da operazioni su titoli di stato compresi nella cosiddetta “white list” o enti sovranazionali, rimasti invece al 12,5%. Lo stesso principio è valido anche per i PIR, che non pagano imposte se mantenuti per almeno 5 anni, e alcune partecipazioni qualificate.

Si ricorda che i redditi diversi vengono tassati per cassa e si prevede la deducibilità delle minusvalenze, ovvero delle perdite subite. Il capital loss può essere utilizzato per abbattere le plusvalenze provenienti solamente dai redditi diversi. Un credito fiscale che può essere recuperato dalle plusvalenze nei successivi 4 anni.

Tra le due tipologie di redditi, diversi e da capitale, si ricorda che non sono consentite compensazioni.

In merito invece ad ETF (Exchange Trade Fund) e Fondi comuni di investimento, OICR e SICAV, le plusvalenze non sono compensabili. Ma è possibile utilizzare le eventuali minusvalenze per diminuire le plusvalenze generate da altri strumenti quali azioni, obbligazioni, certificates e derivati e riportarle per i successivi 4 anni.


Regime amministrato


Nel regime amministrato il risparmiatore delega all'intermediario finanziario, istituto bancario o Sim l'ottemperanza del calcolo e del pagamento dei tributi. Di conseguenza quest'ultimo si erge a sostituto d'imposta, liberando il cliente dagli impegni burocratici.

Tra le due tipologie di redditi, diversi e da capitale, si ricorda che non sono consentite compensazioni.
Quando si opta per questo regime, è possibile compensare le minusvalenze con un solo intermediario alla volta: il capital loss è agganciato al codice fiscale della persona ed è consentito compensarlo con operazioni in guadagno solo con conti presenti sullo stesso intermediario.
Tuttavia è possibile anche importare da altri intermediari il capital loss generato, previa una certificazione fiscale prodotta dall'intermediario uscente, in modo da accentrare su un solo intermediario la propria posizione fiscale.
Il risparmiatore con questo regime (è la scelta che fanno la maggior parte degli Italiani) può operare in autonomia o farsi affiancare da un consulente finanziario.
Esiste anche la possibilità di delegare ad un gestore le scelte d'investimento, facendo espressa richiesta a quest'ultimo di optare per il regime Amministrato.


Regime dichiarativo


In questo caso l'investitore optando per il regime dichiarativo, sceglie in autonomia di calcolare il rendimento del proprio portafoglio (o si affida ad una società fiduciaria che svolgerà tale attività per suo conto), incassando il totale del capital gain o plusvalenza al lordo delle imposte. Sarà poi sua responsabilità riportare le plusvalenze e minusvalenze nella propria dichiarazione dei redditi e versando in maniera del tutto autonoma il dovuto.

Normalmente non è una strada molto percorsa, a parte da quegli investitori che, scegliendo un broker estero, sono obbligati alla scelta di questo regime di tassazione per adempiere al pagamento della tassazione. Rimane invece un regime imposto per tutte le persone giuridiche che intendono comprare strumenti finanziari dal proprio intermediario. Un punto a sfavore di questo regime fiscale è quindi decisamente il fattore legato alla complessità e l'onerosità, in caso si intendesse affidare i conteggi ad un terzo soggetto. I costi ovviamente aumentano anche in considerazione del numero di operazioni eseguite.

Un punto a favore invece è che si può effettuare la compensazione del capital Loss con il capital Gain tra tutti gli intermediari con i quali si è fatta la scelta dello stesso regime fiscale.


Regime gestito


Questo regime, applicato alle gestioni Patrimoniali, si può scegliere solo optando per la totale delega dell'investitore all'intermediario (banca, Sim o Sgr), per gli adempimenti di natura fiscale e la gestione del portafoglio. Il cliente è sollevato quindi da qualsiasi attività amministrativa legata agli investimenti, che resterà in capo all'intermediario.
L'imposta è calcolata sul risultato netto maturato dall'attività di gestione. La caratteristica fondamentale di questo regime è infatti la possibilità di compensare i profitti generati da redditi di capitale, plusvalenze e altri redditi diversi con le minusvalenze e le spese all'interno della gestione stessa. Tale compensazione si effettua alla fine di ogni anno e quindi è definita per competenza.
Se il risultato della gestione globale fosse invece in perdita alla fine dell'anno, questa potrà essere riportata a nuovo, come credito fiscale, negli esercizi successivi fino a 4 periodi d'imposta e il relativo importo sottratto dagli eventuali risultati positivi degli anni seguenti.
L'aliquota dell'imposta applicata è del 26% per tutte le plusvalenze, a parte gli interessi derivanti da titoli di stato di paesi che si trovano all'interno della cosiddetta “White list” per i quali si applica invece il 12,5%.
La differenza rispetto ad altri regimi consiste nell'applicazione di tale tassazione al risultato di gestione maturato durante l'anno solare dedotti i costi della gestione.
Quindi riassumendo i principali vantaggi del regime gestito consistono nella:

  • compensazione dei redditi di capitale con redditi diversi;
  • calcolo della tassazione sul differenziale tra il valore del portafoglio gestito tra la fine e l'inizio dell'esercizio;

L'intermediario, come per il regime amministrato, è tenuto comunque a certificare le eventuali minusvalenze al momento della chiusura del conto, utilizzabili per la compensazione di future plusvalenze presenti su altri intermediari con rapporti in regime amministrato o Dichiarativo: infatti non è possibile importare minusvalenze pregresse da altri intermediari se si opta per il regime gestito.